domenica 13 settembre 2020

Anni '80, quando raggiungere i propri sogni era possibile



Così recita l'articolo 1 della Costituzione della Repubblica Italiana: «L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.» Poi, all'articolo 4 prosegue: «La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, una attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.»

Tutti noi abbiamo dei sogni. La maggior parte di essi può essere raggiunta semplicemente avendo un buon posto di lavoro, e quindi una stabilità economica. C'è stato un periodo storico in cui questo era alla portata di tutti, e non privilegio di pochi: mi riferisco ovviamente ai mitici anni '80.
Vedo già nei vostri occhi un'espressione di incredulità, e vi capisco. Ma vi dico che sebbene oggi trovare un'occupazione non sia impresa facile, non sempre è stato così. Le testimonianze di chi ha vissuto gli anni '80 da adolescente raccontano una realtà totalmente diversa da quella odierna, in cui con un po' di impegno e perseveranza tutti i propri sogni potevano divenire realtà.
Sul web se ne trovano tantissime, una più incredibile dell'altra. In questo post vi citerò i pensieri di persone che negli anni '80 avevano 20-30 anni; si tratta dei genitori di alcuni membri del team di Vice, le cui testimonianze sono state raccolte in un articolo intitolato Com'era essere giovani in Italia negli anni Ottanta.
I redattori spiegano: «Abbiamo deciso di chiedere ai nostri genitori com'è andata per loro. Se è vero che ripensare ai tempi in cui eri giovane quando hai 50 o 60 anni può portarti a vederli molto più in positivo della realtà. C'è anche da dire che loro vivevano in un periodo in cui — così ci hanno detto — raggiungere i propri sogni era, se non facile, certamente possibile.»
Fate attenzione a questa espressione «tutto sembrava possibile», perché sarà il filo conduttore di questo post, ed è per tale motivo che ho scelto il titolo «Anni '80, quando raggiungere i propri sogni era possibile».
Iniziamo con Emilia di Milano, classe 1963:
«Dopo aver cambiato altre due aziende "scalando" i ruoli, nel 1986 ho deciso che era il momento di cambiare settore, e così ho fatto. Avevo 25 anni, mi sentivo adulta, lavoravo da sei anni sempre con contratto a tempo indeterminato, avevo risparmiato qualche soldo, il mio stipendio era cresciuto e adeguato al ruolo. Mi sentivo pronta per decisioni grandi. Mi sono sposata. Ho comprato casa. Erano gli anni del benessere diffuso, e ricordo che a Natale facevamo regali costosi. Ci sentivamo tutti abbienti.»
Parliamo di un periodo in cui il denaro circolava un po' per tutti. Trovare lavoro, comprare casa e formare famiglia erano cose abbastanza normali. Addirittura c'era la possibilità di fare il mestiere che si sognava da piccoli, come ci racconta Beppe di Torino, classe 1952:
«Da piccolo volevo fare il medico e negli anni Ottanta stavo facendo il medico. Ero assistente di ruolo all'università, lavoravo in un ospedale moderno, ero andato a fare i primi congressi negli Stati Uniti nel 1980. Bastava impegnarsi. Perché c'erano gli spazi, le possibilità, era tutto persino abbastanza prevedibile: era chiaro che se volevi diventare un grande studioso dovevi fare questo questo e questo e ce l'avresti fatta. Gli ospedali assumevano, le università assumevano, i professori si prendevano cura dei più volenterosi. E anche se quello che guadagnavo lo davo a mia mamma, a 26 anni ero completamente indipendente.»
Beppe ci parla di una realtà a cui non siamo più abituati: la meritocrazia. Oggigiorno la raccomandazione è la regola, non l'eccezione. Ma negli anni '80, chi si impegnava veniva premiato. Avete notato le sue parole: «era tutto persino abbastanza prevedibile»? Oggi nulla è prevedibile. Ci sono troppe variabili in gioco che non dipendono da noi. Talvolta, diciamolo, occorre una bella botta di fortuna!
Donatella di Pistoia, classe 1962:
«A 22 anni infatti mi sono sposata, e dopo poco tempo sono rimasta incinta del mio primo figlio. Così ho lasciato l'università, mi sono dedicata al mio matrimonio e qualche anno dopo ho iniziato ad aiutare nella gestione delle attività di famiglia. Il mio futuro economico non mi ossessionava, anche perché dall'ambiente in cui provenivo sembrava che il lavoro non mancasse mai, e che fare soldi fosse esclusivamente una questione di volontà: la mia era una famiglia benestante, e avevo sposato un ragazzo poco più grande di me che aveva aperto un'azienda che andava molto bene. Personalmente a 25 anni avevo già raggiunto la condizione di vita che sognavo e per cui ero disposta a impegnarmi, e credo che sia questa la definizione migliore di indipendenza e di vita adulta.»
Sembrava che il lavoro non mancasse mai, così dice Donatella. Oggi invece viviamo nell'incubo che il lavoro manchi da un momento all'altro. Tolti i lavoratori statali che godono di una certa tranquillità economica, tutti gli altri vivono alla giornata, con il costante timore che il domani possa riservare brutte sorprese. Altro particolare interessante che emerge dal racconto di Donatella è che fare soldi era solo una questione di volontà. Se vuoi, puoi guadagnare.
Passiamo ora a Mario della provincia di Catania, classe 1954:
«Tutti i miei amici si sono concessi di laurearsi anche dopo 10 o 12 anni, perché una volta usciti sapevano che avrebbero trovato un buon lavoro.»
«Oggi, me ne rendo conto, tutto quello che avevo io a 30 anni sembra impossibile. Almeno la facilità con cui ne parlo. Soprattutto quella sensazione che raggiungere l'indipendenza fosse un normale passaggio della vita, come ancora dovrebbe essere.»
Notando l'enorme differenza tra ieri e oggi, c'è da chiedersi quale delle due realtà fosse la normale. Si ha infatti la sensazione, leggendo questi racconti, che le cose negli anni '80 fossero fin troppo facili. Personalmente ricordo persone che, stanche di un lavoro, ne trovavano presto un altro meglio retribuito. Sì, lo so, oggi sembra fantascienza; ma il fatto di essere abituati a situazioni negative che determinano molti insuccessi non deve indurci a credere che le cose siano sempre andate così. Ho voluto mettere in preambolo gli articoli 1 e 4 della Costituzione perché sono convinto che ciò che dicono sia la normalità. Ogni uomo e ogni donna deve poter raggiungere l'indipendenza e, se lo desidera, crearsi una famiglia. Ciò non deve essere un optional, ma una garanzia per tutti.
Fausto della provincia di Prato, classe 1947:
«Essendo sempre stato un lavoratore autonomo non sapevo cosa significasse "fare carriera", ma sapevo che non avrei fatto per tutta la vita il medesimo lavoro. Quanto alla famiglia, l'ho fortemente voluta. Mi sono sposato a 25 anni e sono diventato padre a 27. Per me era il naturale completamento dell'essere diventato "uomo". A quel punto avevo ormai la piena indipendenza economica e anzi ero io ad aiutare i miei genitori. Allora era normale che i 30enni fossero indipendenti. Per me era fondamentale, perché non volevo in alcun modo rimanere legato alla loro mentalità e alle loro decisioni.»

Vi sarete chiesti cosa c'entra l'immagine della pubblicità dell'amaro Ramazzotti (che mi sono divertito a restaurare). Forse mi piacciono gli amari? Sì, ma a parte questo, volevo attirare la vostra attenzione sulla "Milano da bere". Negli anni '80, Milano è stata il simbolo del benessere e della prosperità in Italia. Vice ha recentemente realizzato un'intervista con Renata Molho, stilista e scrittrice a Milano nel periodo della "Milano da bere". La Molho descrive un'epoca in cui l'industria della moda era piena di persone creative e nuove idee.
Ecco un paio di domandine le cui risposte sono senza dubbio interessanti:

Com'era Milano negli anni '80?
«Soldi facili, feste continue e una persona su due per strada era straniera. Era un'atmosfera molto superficiale, ma vibrante. I soldi della moda hanno finanziato le arti. Pensa al negozio Fiorucci che è stato interamente dipinto da Keith Haring. C'era la sensazione che tutto fosse possibile.»

Cosa è successo dopo la fine dei magici anni '80?
«Tutto si è trasformato in un omaggio senz'anima ad altre cose che avevamo visto prima. Pensa all'era dei successivi revival iniziati dopo gli anni '80. Ad esempio, anche oggi nella maggior parte delle sfilate la musica non è altro che un mix di musica anni '60, '70 e '80. È un grande vuoto. Niente è più eccitante e la maggior parte delle cose è tremendamente noiosa.»

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